Qualche anno fa, conversando con un caro amico di Treviso, persona di un’ elevata cultura socioeconomica, mi chiese perché nei nostri programmi di caccia non avessi mai inserito la caccia in Bosnia come destinazione venatoria.
Lì per lì accampai la solita giustificazione della guerra da poco conclusasi, ma questo mio amico – che per comodità chiamerò Giulio – mi fece notare che i tempi erano profondamente cambiati e che c’erano persone disponibili ad avere contatti e possibili collaborazioni venatorie, con operatori italiani come noi.
Così una sera ci siamo incontrati a cena con Giulio e dei cacciatori amici suoi che da anni, per la verità anche prima della guerra, frequentano i territori della Croazia e della Bosnia per la caccia. Mi raccontarono delle complicanze doganali ai tempi della ex Jugoslavia e dell’impossibilità di andare nel periodo della guerra.
La guerra ha segnato in modo molto profondo le differenze culturali e religiose di questi popoli, in particolare in Bosnia dove è stato messo in atto un tentativo di pulizia etnica. Sono passati gli anni e il popolo bosniaco comincia a guardare all’Europa. In Bosnia, per esempio, basta la carta d’identità per entrare, il che facilita di molto i rapporti.
Tornando alla cena con gli amici di Giulio, uno di loro mi disse: “Se vuoi ti do il contatto di un piccolo organizzatore locale. Puoi intanto conoscerlo e capire le potenzialità che la Bosnia può offrire in materia di caccia”.
Così ho contattato Jozo, questo il nome del piccolo organizzatore locale, e con Massimo sono partito per la Bosnia ai primi di marzo. La città di arrivo è quella di Livno, poco lontana dal lago Busko Jezero. Siamo partiti in direzione di Trieste con destinazione Spalato. L’autostrada è molto bella, costruita con intelligenza, infatti collega le località più importanti della Croazia. Arrivati all’altezza di Spalato usciamo dall’autostrada, prendendo la direzione di Bisko verso l’intero per poi arrivare, dopo una cinquantina di chilometri, a Kamenko, piccola dogana Croato-Bosniaca.
Lungo la strada ci incontriamo con Jozo e poi via verso la zona di Livno, a circa venti chilometri dalla dogana. Le strade scorrevoli e non trafficate ci permettono di arrivare facilmente nella sua città. La sua casa, completamente ristrutturata, si compone di una decina di camere pulite, in ordine, con un bagno in comune ogni 3 stanze. Certamente non è il Grand Hotel, ma è una sistemazione più che decorosa per i cacciatori provenienti dall’Italia che vengono in Bosnia a cacciare quaglie, beccaccini, coturnici, starne e, soprattutto, beccacce: tante beccacce.
Dopo averci dato tutte le delucidazioni necessarie e aver cenato con noi, Jozo ci saluta dandoci appuntamento alla mattina seguente, per una visita ai territori dell’associazione di caccia. L’indomani, dopo una lunga dormita e un’abbondante colazione, siamo partiti. Jozo ci mostra i suoi box per i cani: c’è posto per una decina di ausiliari, in vari recinti separati. Lui è un appassionato cacciatore cinofilo. Predilige i setter perché, dice: “Per la caccia a beccacce, starne e cotorni sono imbattibili!”. Personalmente concordo con il suo pensiero, anche se ogni razza da ferma produce grandi ausiliari da caccia. Io e Massimo saliamo sul suo fuoristrada, insieme a sue setter alloggiati nel gabbione sul retro. Jozo si dirige verso una grande piana adiacente il lago Busko Jezero, dove secondo lui incontreremo delle starne.
Una volta sciolti i cani capiamo subito a cosa si riferiva Jozo: i due setter sono velocissimi, con cerca ampia e incrociata, rimaniamo impressionati da come riescono a coprire tutto il territorio grazie alle loro aperture di centinaia di metri. Splendidi, grandi galoppatori. Trascorsa una mezzora uno dei due va in ferma statuaria sul ciglio di un piccolo canale, alzando la testa per cogliere il miglior effluvio. L’altro setter, più giovane ma anche lui molto bravo, consente a una trentina di metri dal compagno in ferma d’autorità. Pensiamo subito alle starne, come Jozo ci ha preannunciato: ma è lo “sgnek” del beccaccino a sorprenderci non appena ci portiamo sui cani. La pizzarda ci saluta beffarda: che spettacolo!
L’azione riprende, con i cani carichi a molla dopo il primo incontro. La cerca si fa ancor più frenetica e tipica, al punto che abbiamo l’impressione di assistere a una prova cinofila di alto livello: poi, ai bordi di un gerbido che costeggia un campo seminato a grano, basso e verde, il giovane va in ferma! Il setter più esperto, di rientro da un lungo lacet, consente quasi offeso per essere giunto secondo. La ferma è sicura, tipica, non lascia spazio a dubbi: il frullo metallico della coppia di starne rompe il silenzio della pianura, togliendoci il fiato. E’ un suono che soltanto i nostri genitori possono aver ascoltato, in Italia! La coppia si allontana inseguita dai cani, che un quarto d’ora più tardi si ripetono su un’isolata, forse una delle due levate poco prima. Sulla via del ritorno ancora un punto su coppia molto leggera, che si allontana prima che noi possiamo giungere sugli ausiliari in ferma. Le starne a marzo sono smaliziate, difficilmente si lasciano avvicinare: però ci sono, e non sono poche. Concluso il nostro lavoro e preso un accordo verbale con Jozo, ci ripromettiamo di ritornare al tempo del passo delle beccacce.
Mentre Ottobre si avvicina, Jozo ci tiene aggiornati sull’andamento delle covate di starne e, soprattutto, delle coturnici, che si riproducono a metà montagna intorno ai 1000 metri di quota sul livello del mare. Una stagione riproduttiva discreta, quella del 2019: il nostro amico ci informa della presenza di numerose quaglie in riproduzione, oltre che dell’arrivo di tanti, ma proprio tanti beccaccini che stazionano lungo le rive del grande lago. Le zone sono ottime per le quaglie vere, selvatiche: e specifico “selvatiche” perché conosco bene la realtà della caccia alle quaglie in Croazia, dove secondo me una grande quantità di uccelli esce dalle voliere e non certamente dalla cova nelle stoppie di granoturco.
Giunti a fine ottobre decidiamo di tornare per la prova di caccia più importante: quella sulle beccacce. Partiamo ai primi di novembre, accompagnati da alcuni amici liguri. E’ dal 10 ottobre che in Bosnia si stanno incontrando le prime beccacce, oltre quota 1300 metri tra faggi e mughi. Arriviamo in macchina che si sta facendo buio, e capiamo subito che i nostri amici di Treviso non avevano esagerato: ben due beccacce ci attraversano la strada davanti ai fari della macchina prima che possiamo raggiungere la casa di caccia! Se il buongiorno si vede dal mattino…
Jozo si conferma un ottimo padrone di casa, che conosce molto bene le esigenze degli italiani sia in quanto al cibo sia, ancor di più, riguardo al trattamento da riservare ai loro cani da caccia, che qui sono serviti e riveriti. L’indomani si parte per la prima giornata a beccacce e, con Massimo, ci rendiamo immediatamente conto che il senso della misura di ciascuno di noi sarà fondamentale: sono ben nove, infatti, le regine che troviamo durante la prima ora e mezza di caccia, tutte docili e confidenti con i cani dei nostri amici, anche quelli meno esperti. Con due cambi di zona si arriva a mezzogiorno e mezzo con il seguente bilancio: 16 beccacce incontrate e sette abbattimenti. Durante il pomeriggio si unisce a noi anche un nostro amico reporter, appassionato cinofilo, giunto appositamente con i suoi cani per addestrare e realizzare dei video. Altri dieci incontri con due abbattimenti chiudono la prima giornata, che ci ha riempito gli occhi con una sessantina di azioni di ferma e nove beccacce abbattute da tre fucili. Perfettamente sostenibile, dunque.
La notte ci porta un’entrata ulteriore, al punto che la mattina dopo – più fresca del giorno prima – le guide decidono di farci salire fino alla montagna vera, con sfioccate di faggi in mezzo ai prati sommitali e piccole pinete che costellano le vallate e le coste. Qui è casa delle coturnici e delle starne, che infatti si palesano a più riprese mentre saliamo cacciando. Alla fine della giornata saranno cinque i branchi incontrati, due di cotorne e tre di starne, ma i nostri occhi saranno pieni di altre immagini indimenticabili: 35 differenti beccacce levate, delle quali soltanto sette abbattute ma questo poco conta, di fronte alle oltre 70 azioni messe in mostra dai nostri cani, che, al termine del secondo giorno, cominciano a manifestare segni di cedimento. Io e Massimo non abbiamo dubbi: la Bosnia riesce a dare al cacciatore emozioni uniche e sorprendenti, un vero paradiso sopratutto per chi ama la Regina con il cane da ferma.
La terza giornata la trascorriamo in scioltezza, senza più alcuna tensione venatoria dato che incontrare 61 beccacce in due giorni è un qualcosa che appaga l’occhio e placa ogni febbre di Diana. Ad ogni modo la temperatura è risalita un po’, qualche beccaccia si è spostata e poco o nulla si è mosso verso le nostre zone, al punto che delle 14 regine incontrate al mattino solamente un selvatico è fresco di entratura, mentre gli altri 13 erano lì già da qualche giorno. Decidiamo di non insistere nel pomeriggio: i cani non stanno più in piedi e, comunque, anche oggi hanno fermato oltre 20 volte e riportato ben cinque selvatici. Può bastare. In due giornate e mezza di caccia abbiamo incontrato 74 beccacce per oltre 150 azioni di ferma, con un carniere di 21 animali realizzato da tre fucili. Il tutto senza mai spingere sul gas in quanto a cattiveria venatoria: non ce n’è bisogno.
E’ evidente che questa prima esperienza ci consegni l’inizio di una storia ancora tutta da scrivere, un’avventura da offrire e rioffrire ai tanti nostri amici cacciatori. Tra l’altro, il lago Busko Jezero presenta delle potenzialità incredibili per quanto concerne la caccia ai palmipedi: germani, fischioni, morette e alzavole lo popolano a decine di migliaia durante il periodo di passo, grazie alle sue acque poco profonde. Insomma, c’è tutto un mondo da scoprire, come ha avuto modo di sperimentare ulteriormente il nostro amico reporter che, circa un mese e mezzo più tardi, è tornato a Livno in compagnia di un suo appassionato amico, anche lui amante del cane da ferma.
Malgrado il maltempo persistente, la scarsa – a detta dei locali – presenza di beccacce e un paio di uscite per così dire “sperimentali”, la media incontri giornaliera è stata comunque superiore a quanto si possa trovare in un mese dalle nostre parti, con pochi abbattimenti a fronte di una ventina di animali trovati. Infine, a febbraio ancora una grande ondata di passo ha chiuso la stagione bosniaca, con i cacciatori che hanno avuto modo di cimentarsi con la Regina sino a fine mese, giorno di chiusura per questa caccia.
Insomma, c’è poco da aggiungere, credo: la caccia in Bosnia è stata una vera sorpresa, i periodi ideali sono in agosto e settembre per le quaglie, a settembre per i beccaccini, da ottobre a febbraio per beccacce e anatre e, sempre da ottobre sino a fine dicembre, per le starne e le coturnici, da prelevare con la massima oculatezza e secondo precisi piani di abbattimento.